lunedì 9 novembre 2009

Influenza A: pandemia giornalistica?

I giornali, come sempre, hanno milioni di colpe (soprattutto quella di rimanere costantemente alla superficie dei problemi, ma la tv mi pare pure peggio). Mi sembra però che il povero viceministro alla sanità ci stia mettendo molto del suo: basterebbe rileggersi le contrastanti e allarmistiche dichiarazioni delle ultime settimane (che avrebbero dovuto fare i giornali? Non riportarle? Censurare per non allarmare la gente?). Il paragone con il caso dell'aviaria è abbastanza centrato (l'ho vissuto in pieno vivendo e lavorando a Forlì, capitale dell'avicoltura). I milioni di vaccini per una pandemia che non c'è mai stata li comprò Storace, non i giornali... In quanto al quotidiano bollettino sulle morti, è vero. L'influenza stagionale fa sicuramente più vittime ma di solito non se parla. Perché? 1) perché le autorità non divulgano le notizie 2) perché indubbiamente i cittadini non parlano d'altro, e non credo sia psicosi indotta dai media, i fenomeni nuovi (e qui certo c'è la responsabilità dei media nell'informazione carente) generano inevitabilmente più inquietudine. La tesi del complotto (tutti generano allarme per favorire la paura e svolte conservatrici...) esposta così fa francamente ridere. Una chiavi per cercare di comprendere il problema è, a mio avviso, la paura di assumersi responsabilità precise da parte delle autorità politiche e sanitarie. Mi spiego: dinanzi a un pericolo (pandemia: vera o presunta?) si sceglie l'ipotesi di lavoro più catastrofica, si genera allarme e si approntano (più o meno bene) misure d'emergenza affinché nessuno possa mai imputarti di aver sottovalutato il problema. Un caso di scuola è l'allarme meteo per la Protezione civile diramato dalle Prefetture: ai giornali ne arriva in media uno alla settimana... non si dica mai che il prefetto non aveva avvertito del pericolo!

modesto commento a un'interessante discussione animata ancora una volta nel bar di Mantellini

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