venerdì 31 ottobre 2008

Non è un mestiere per giovani



Ferita una giornalista. Anche tv e giornali hanno dedicato poche parole, pochissime righe, al fatto che una collaboratrice del Corriere di Bologna è stata colpita da una bottigliata alla testa durante i tafferugli di ieri, alla manifestazione anti-Gelmini di Bologna. Peccato che ne parlino poco soprattutto i giornali. Perché questa vicenda apre una bella finestra sul mondo dell'informazione in Italia. La collega colpita è infatti una precaria, una collaboratrice pagata a pezzo, non coperta dalla previdenza professionale. Una giornalista con un reddito di poche centinaia di euro al mese mandata a seguire un fatto importante e delicato (e, purtroppo, pericoloso). Una realtà che dovrebbero conoscere gli organi di controllo, gli enti professionali, i tanti (e mi tocca dire purtroppo tanti) giovani che ancora desiderano fare questo mestiere e quelli che parlano di casta. Tipo Grillo, che era alla manifestazione di Bologna e se l'è cavata con qualche fischio. Poi oggi se la prenderà con la casta dei giornalisti.

mercoledì 29 ottobre 2008

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Tipi di piazza Saffi anni 80 (umarells forlivesi) in mostra all'ex Monte di Pietà in corso Garibaldi

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Sprechi all'Università di Forlì: termosifoni accesi e finestre aperte alla biblioteca Ruffilli, 60 mila euro in licenze Microsoft per i pc di scienze politiche
www.vamale.it

Guarda il Monitor con attenzione

Il Christian Science Monitor, prestigioso (davvero) quotidiano americano, ha deciso di traslocare su internet. Lo segnala Mario Tedeschini Lalli parlando giustamente di un passaggio epocale. Dal significato evidentemente non universale, poiché il Monitor è un giornale tendenzialmente no profit, di proprietà di una chiesa. Ma indubbiamente interessante. Anche per un altro verso: rimarrà un'edizione domenicale di carta per chi non ha voglia di leggerselo in rete. O per chi preferisce portarselo in bagno o in poltrona. Gli ultimi baluardi del 'vecchio' giornale. Insomma, non è affatto detto che la stampa come la conosciamo oggi (che peraltro è già ampiamente diversa da come la conoscevano una cinquantina d'anni fa) sia destinata a sparire. Si trasformerà, come sempre. E ci saranno probabilmente ancora frotte di lettori vintage.

Libri sfogliati in ottobre







L'inattesa piega degli eventi
di Enrico Brizzi
Una racconto di fantafascismo e calcio coloniale, divertente ma un po' lungo e brodoso. Con le figurine dei calciatori afro-italiani in copertina. Sette meno.

Morte a Breslavia di Marek Krajewski
Giallo originalissimo. Commissario puttaniere nella Breslavia nazista del 1933 indaga su un omicidio rituale.
Purtroppo ha dato origine a una saga. Comunque otto.

A noi vivi di Robert A. Heinlein
Truffa editoriale spacciata come simil opera prima di un grande romanziere. Bella copertina. Ci sono cascato. Cinque e mezzo.

Oblio di David Foster Wallace
Abbandonato sul comodino. Per ora n.c.

lunedì 27 ottobre 2008

O Roma o Orte




La simpatica polemica sui numeri della manifestazione romana del Pd ha dei risvolti politicamente, sociologicamente e neurologicamente davvero interessanti. Ieri sul tg di Sky hanno allestito un teatrino vespiano con tanto di immagini satellitari via Google per scandagliare la capienza del Circo massimo. Poi s'è scoperto che c'è da anni una mappatura delle piazze e dei luoghi di ritrovo politici con tanto di posti precisi al millimetro, neanche ci fossero i tornelli di Brunetta. Insomma non erano due milioni ma appena trecentomila, questura dixit. E m'è venuto di un simpatico ufficiale dei carabinieri che in occasione di una rituale marcia nostalgica a Predappio mi assicurò che i presenti erano diecimila. Alla mia obiezione che, a occhio, non erano neanche la metà, si lasciò scappare una confidenza: 'Coi neri raddoppiamo, coi rossi dividiamo per due!'. Stamattina su una tv locale che sovente ospita anche mie indecorose apparizioni, un consigliere regionale di destra ha sfoderato un'inusuale dose di buonsenso ammettendo che sicuramente i marciatori romani del Pd erano più di trecentomila, magari anche un milione, ma non conta perchè si sa che la sinistra è brava a portare la gente in piazza. E i marciatori romani berlusconiani di appena due anni fa? Ma sì, ha detto il tipo, saranno stati anche loro un milione (allora si disse due, ndr) ma è risaputo che la destra fa più fatica a scendere in piazza, quindi valgono di più. Non se ne esce, ci vogliono le primarie anche per le manifestazioni. E magari pure i tornelli.

venerdì 24 ottobre 2008

Elogio del Tso





La sconcertante intervista rilasciata dal presidente emerito Cossiga al giornale che mi paga lo stipendio mi ha fatto pensare agli imperdibili articoli del lunedì di Alberoni sul Corsera: sparo cazzate, dico le cose più ovvie, sfrontate, incredibili, le infarcisco di luoghi comuni a ricalco delle opinioni più bieche, in più le condisco con un po' di provocazione ed effetti speciali, e ad ogni puntata aumento sempre più la dose, vediamo un po' quando mi fermerete... E invece, oh, quelli continuano sempre a beccare. E dicono pure che sono intelligente ed acuto.

* mi dissocio dalla scritta nella foto, almeno per quanto riguarda la frase tra parentesi

martedì 21 ottobre 2008

Io bingo bongo






Una volta a sei anni sono stato un extracomunitario. Nel senso che dalla natìa toscana sono stato sbalzato (per meri motivi di trasferimento lavorativo del mi' babbo) nella più desolata e nebbiosa Bassa bolognese. Forse avrei avuto bisogno anch'io di una classe separata d'inserimento linguistico. Nel senso che io parlavo italiano (seppure con la tipica c aspirata che ho ben presto ho perso) e i miei nuovi compagni si esprimevano in un buffo dialetto tutto pieno di esse striscianti (che mi sono rimaste appiccicate tanto da inibirmi qualsiasi apparizione audio-visiva). Ma io ero il bingo bongo, quello strano che veniva da chissà dove. E che sul grembiulino portava un fiocco blu, mica quello d'ordinanza nero a pallini bianchi, e non aveva neppure i gradi (una riga per ogni classe d'appartenenza!) sulla spallina.
Non è passato un secolo, o forse sì. Erano i tristi anni Settanta. E se ti spostavi di cento chilometri dalla tua residenza, nel posto in cui eri arrivato ti dicevano in faccia: 'Siete venuti a portarci via il lavoro!'. L'inserimento è stato davvero difficile, anche a scuola. Per fortuna c'erano maestri che si esprimevano nella mia lingua e che hanno fatto di tutto per amalgamare la classe. Per non tenere indietro quelli 'stranieri' e magari un po' più bravini, e quelli 'autoctoni' magari un po' più zucconi o forse solo con mezzi linguistici più limitati. Non so se dalla mia modesta esperienza si possa trarre una morale. Potrei dire che il maestro unico non è una tragedia (ma insegnanti diversi e più qualificati, perché nessuno sa tutto di tutto, forse è meglio...), che il grembiulino non mi ha traumatizzato (ma le mie figlie che non lo usano non sono né succubi della moda né inclini all'anarchia in classe), che le classi differenziali per negri, handicappati, comunisti, omosessuali e ebrei sono un abominio (ma insegnanti ben formati, corsi d'italiano di sostegno per stranieri e soprattutto limiti al numero di stranieri per classe, anche per evitare ghetti ad hoc fatti da presidi furbini, sono un'assoluta necessità). Il resto è solo marketing politico.

sabato 18 ottobre 2008

Hail to Letterman


Raisat ha mandato in onda ieri sera l'intervista di David Letterman al candidato alla presidenza Usa John McCain. Che spettacolo. E che lezione di giornalismo. Recentemente McCain aveva annullato la partecipazione allo show di Letterman (il 'modello' di Luttazzi e Fazio) con la scusa di dover volare a Washington per votare il piano anti-crisi finanziaria. E invece si era concesso a un'altra intervistatrice. Letterman non gliel'ha perdonata e lo ha massacrato puntata dopo puntata (immaginate cosa sarebbe sucesso in Italia...) finché non si è ripresentato in studio. E non gli ha concesso nulla. Col sorriso sulle labbra, ha chiesto conto al candidato della sua 'fuga'. E lui ha allargato le braccia: 'Ho toppato'. E poi lo ha incalzato sulle sue amicizie pericolose (in parallelo con la polemica sui legami tra Obama e un ex terrorista) nonché sulla candidata vicepresidente Sarah Palin: 'Sarebbe davvero capace di far fronte a un'emergenza come un altro 11 settembre?'; 'Ma come l'avete trovata: avete riunito una commissione o sfogliato a caso l'elenco del telefono?'. Sconcertante la risposta di McCain: 'Sono orgoglioso di lei, è una riformatrice, è una donna capace di ispirare gli americani'. Non solo gli americani.

venerdì 17 ottobre 2008

Il Giornale dalla parte degli zingari

Ancora sulla vicenda dei due rom accusati di aver tentato di rapire un bambino, recentemente scagionati. La notizia del proscioglimento è ovviamente caduta nel disinteresse più totale di chi a suo tempo aveva gridato all'inveramento della leggenda metropolitana dello zingaro rapitore. Nota di merito (stavolta) per il Giornale, che ha raccontato la storia in prima pagina.

mercoledì 15 ottobre 2008

Sarah Palin? Nude, of course




Com’era logico che accadesse, nei giorni della sua nomina a candidato vicepresidente da parte di McCain, l’attenzione del pubblico americano si è concentrata ossessivamente sul fenomeno Sarah Palin. La semisconosciuta governatrice dell’Alaska ha attirato un mare di attenzioni anche in rete. I navigatori di internet - che amano spesso rappresentarsi come la parte più evoluta e sveglia della società - hanno puntato la lente sui caratteri peculiari della nuova arma anti-Obama dei conservatori Usa. L’edizione online di Time si è presa la briga di inventariare le più cliccate chiavi di ricerca associate al nome di Sarah Palin. Che avranno dunque chiesto a Google gli internauti a stelle e strisce? Cosa pensa Sarah Palin della situazione mediorientale? Le sue posizioni nella lotta al riscaldamento globale? Se e favorevole o no all’estensione dell’assicurazione sanitaria a quei milioni di americani che non ne usufruiscono ancora? Niente di tutto questo. ‘Sarah Palin nude’, ‘Hot photos’, ‘Beauty pageant’ e ‘Bikini photos’ hanno intasato il motore di ricerca. ‘Alaska: Coldest State, Hottest Governor’, lo slogan coniato da qualche buontempone conservatore (o cripto-obamiano?), è parso più che mai centrato. Anche in questo caso, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la ‘contabilità’ delle ricerche in rete si è rivelata lo specchio fedele delle pulsioni che attraversano la società. L’aura progressista di internet (incensata dalla campagna elettorale e dalla raccolta fondi di Obama) ne viene fortemente ridimensionata. Ma è giusto che sia così. Lo strumento è ottimo, realmente innovativo per la politica (in Italia però è pura fantascienza), ma il ‘manico’ è ancora quello della società di massa che si esprime allo stesso modo nelle tv e nei giornali. Internauti, occhio a fare i primi della classe.

da La Società cooperativa

Marciare, non marcire (in ufficio)


Il ministro Brunetta con guardia del corpo della Hitlerjugend



Scalfari dice che senta puzza di fascismo. E' vero. La battaglia del ministro Brunetta contro i fannulloni ha infatti un illustre precedente di regime (emulato, pensate, anche da Prodi! che del resto non si chiama Romano per nulla).
Lo cita oggi il Messaggero. Si sa com'è andata a finire.

«È ormai diventato un sistema quello adottato da Ufficiali e Funzionari che consiste nell'avviarsi all'ufficio alle 8 il che significa essere al tavolo del lavoro non prima delle 8 e 15 e forse più tardi. Esigo che questa deplorevole abitudine, tipica manifestazione di quel pressappochismo deleteria tara del carattere di troppi italiani abbia immediatamente a cessare. Alle 8 chi non è già al suo tavolo di lavoro ha perduto la giornata con le relative conseguenze. Farò controllare quanto sopra».
Firmato: MUSSOLINI.

martedì 14 ottobre 2008

Elogio della stagista

Da qualche anno a questa parte le redazione dei giornali si sono riempite di stagiste. Le provenienze sono le più diverse: scuole di giornalismo, facoltà di scienza delle comunicazioni, cerchia familiare dell'editore. Ma in genere si tratta di ragazze preparate ed entusiaste della professione, un segno della crescente femminilizzazione del giornalismo. Sembrerà incredibile, ma la maggior parte della casta giornalistica ha un'istintiva repulsione per le stagiste. Giocano pesantemente in questo caso la difesa di una presunta identità maschile del ceto, la mai sconfessata credenza che i giornalisti si fanno con la gavetta e non con le scuole, la (pur giustificata) convinzione sindacale che gli stagisti vengano ormai adoperati dagli editori come carne da cannone in sostituzione di più costosi contratti a tempo determinato.
Invece le stagiste hanno portato una delle rare ventate d'aria fresca in questa sempre più polverosa professione. Intanto obbligano i colleghi a moderare il linguaggio cinico e maschilista (o a potenziarlo per mettersi in evidenza...), incitano implicitamente a una maggiore cura dell'abbigliamento (via qualla cravatta sporca d'unto, meglio una polo vintage...) e hanno la grazia e il candore per porre quelle domande che tutti dovremmo farci almeno una volta al giorno: 'perché hai messo sul giornale quella foto segnaletica del tipo arrestato con un grammo di hashish? Così crocifiggiamo un povero sfigato per una sciocchezza e poi mi sembra che ci sia una legge che lo vieta...'

Miti e tragedie



DOLORE, rabbia, indignazione, volontà di approfondire i problemi e tracciare percorsi di soluzione: differenti stati d’animo hanno attraversato il dibattito organizzato lunedì sera al Padiglione delle Terme di Castrocaro dagli ‘Amici di Alberto’. Amici che lo hanno conosciuto e amici ‘nuovi’ che sono stati profondamente toccati dalla tragedia di un ragazzo che, ad appena 28 anni, ha deciso di togliersi la vita dopo essere stato denunciato per il possesso di una modesta quantità di hashish. Una mobilitazione che ha raccolto oltre cinquecento firme in calce a un manifesto d’amore per Alberto e di dura condanna per il meccanismo di criminalizzazione innescato — a giudizio degli ‘Amici di Alberto’ — dalla legge sulle tossicodipendenze, dall’azione delle forze dell’ordine e dal ‘sensazionalismo’ della stampa.

DAVANTI a un foltissimo pubblico, gli amici hanno tracciato un commosso ricordo di Alberto: «Un ragazzo normale che non viveva la cultura dello sballo». Il fratello del giovane, parlando a nome della famiglia schiantata dal dolore, ha denunciato il ‘processo sommario’ subìto da Alberto ed ha concluso: «Vorremmo che il suo sacrificio servisse ad evitarne altri». Il dibattito sul tema «Droghe: demoni e miti» è stato poi animato dagli interventi del presidente regionale dell’Ordine dei giornalisti Gerardo Bombonato, di don Dario Ciani della Comunità di Sadurano e di don Andrea Gallo della Comunità di San Benedetto al Porto di Genova.
Bombonato ha fatto un’impietosa autocritica per la categoria dei giornalisti: «Abbiamo carte deontologiche all’avanguardia ma il problema è rispettarle nel lavoro di tutti i giorni. Troppo spesso i giornalisti non le rispettano né le conoscono». Il presidente dell’Ordine professionale ha inoltre severamente criticato il trattamento della vicenda di Alberto sui giornali locali: «Se tante persone si sono mobilitate attorno a questa tragedia è meglio per noi cominciare a riflettere...». L’intervento di don Gallo è stato un accorato appello affinché tutti si mettano in discussione dinanzi alla deriva dell’intolleranza e dell’individualismo: «Scusa Alberto per quello che ti abbiamo fatto!». Il ‘prete da marciapiede’ si è poi scagliato con forza contro gli effetti dannosi della legge sulle droghe e ha invocato una reazione delle chiese, delle agenzie educative, delle università.

DON DARIO Ciani è invece andato al cuore del problema degli effetti perversi dei meccanismi accusatori e informativi: «I processi, prima di finire sulle pagine dei giornali e nelle aule di tribunale, ormai si fanno nelle caserme e in questura. Le forze dell’ordine devono fare il loro lavoro per aiutare la legalità, non per fare giustizia in proprio, come avviene anche in certe conferenze stampa».
dal Resto del Carlino Forlì del 12 settembre 2007

Riciclate pure

Riciclare gli articoli altrui, vecchio vizio del giornalismo all'insegna del nulla si crea, nulla si distrugge (e non si butta via niente, come il maiale). Il caso dell'articolo sui voli virtuali a basso costo per poveri (ovviamente su un aereo che rimane fermo sulla pista, per di più con un'ala rotta!) rimbalza da un sito all'altro, grazie a Reporters che ha smascherato il Corriere della Sera. Il divertente pezzetto era infatti già uscito su Times e su un altro giornale indiano. Insomma una copiatura a catena senza indicazione di fonti (pare succede anche su internet...). Da parte mia non ci trova nulla di male nell'ispirarsi ad altri e addirittura citare, ovviamente indicando la fonte. Spesso succede addirittura che i secondi pezzi siano addirittura migliori dei primi (anche perché essere un bravo giornalista, che vuol dire prima di tutto essere capace di trovare le notizie, non sempre va di pari passo con l'essere un buon scrittore). Ai giornali locali, che raccattano notizie per strada invece che dall'Ansa, capita ovviamente spesso di essere copiati. E i colleghi più famosi, tipo corsivisti o saggisti, hanno il buon gusto di citare gli autori delle notizie che poi loro infiocchettano. Uno che indulge in questa pratica con correttezza ma anche con un po' di civetteria è il buon Giampaolo Pansa. Mi è capitato invece (una quindicina d'anni fa) di rivedere il giorno dopo un mio articolo ripreso pari pari sulle cronache di Repubblica. Si trattava di un modesto reportage a Tredozio, paese appenninico afflitto da una serie di continue scosse di terremoto. Un paese evidentemente un po' troppo lontano per essere visitato di persona da un inviato romano! In un'altra occasione non sono stato copiato, ma ho letto sul Corriere le stesse cose che avevo visto io (a Predappio, per la solita manifestazione nostalgica) ed ovviamente ero l'unico giornalista sul posto.

E' vero: i giornalisti inventano

Uno dei luoghi comuni più fastidiosi sulla professione giornalistica è il trito 'i giornalisti s'inventano le notizie'. Ora, a parte che questo fa a pugni con l'altro assunto popolare che i giornalisti nascondono le notizie, bisogna avere però lo stomaco di ammettere che a volte è vero. Non solo nei casi eclatanti e negativi del reporter americano scoperto ad inventarsi di sana pianta reportage esclusivi (ci hanno pure fatto un film: il reporter è stato radiato, ha preso un master in legge e ora fa l'avvocato di successo....) e del cronista sardo sospeso dal lavoro per un anno dopo aver creato dal nulla una storia strappalacrime. Senza dimenticare lo storico caso del maestro Luzzato Fegiz al Corsera: la serata finale del festival di Sanremo una decina d'anni fa prevedeva l'esibizione attorno a mezzanotte dell'ospite d'onore, il grande Elton John. Fegiz, ovviamente per mettersi avanti col lavoro e stare nei tempi di stampa del giornale (o forse per andarsene al ristorante...) concluse l'articolo prima, magnificando l'esibizione della star britannica. Peccato che quella sera Elton John dette buca a Sanremo e tutta l'Italia il giorno dopo sghignazzò leggendo sul Corrierone la cronaca dell'entusiasmante concerto che non c'era mai stato.
Ma l'invenzione accade quotidianamente ed è pure una strategia di sopravvivenza. Ci sono infatti interlocutori che, incredibile a dirsi, nonostante il ruolo pubblico rivestito, sono incapaci di spiccicare frasi di senso compiuto. Al povero cronista non resta quindi che estrapolare il senso di una loro dichiarazione e renderla in una forma minimamente accettabile, alle volte ricostruendo interi passaggi logici che ovviamente l'intervistato ha bellamente saltato. Il più bel complimento che ho ricevuto dopo la pubblicazione di un'intervista è stato: 'Sottoscrivo tutte le mie parole nell'articolo, anche quelle che non ho mai detto!'
Un caso limite è quello capitato a un mio giovane collega appena pochi giorni fa. L'attore Gabriele Lavia è atteso a Forlì per mettere in scena Shakespeare al Fabbri. L'ufficio stampa organizza un appuntamento telefonico per un'intervista di presentazione dello spettacolo.
Pronto, Lavia? Sono il giornalista del Carlino per l'intervista...
Oh guardi, adesso non ho tempo, sono qui con Maria Fragolina (la figlia,ndr) e non ho voglia di parlare con lei
Ma eravamo d'accordo con l'ufficio stampa, mi hanno detto che...
Sì, sì, va bene, l'intervista è importante, ci tengo anch'io. Se la inventi
Ma come? Inventarla?
Sì, l'ha già fatto Luzzato Fegiz sul Corriere ed è venuta benissimo. Faccia come lui, copi dal mio sito internet, ci metta qualche bella dichiarazione e vada tranquillo. Io non la smentirò neanche se mi fa dire 'Sì, sono una busona!' (testuale, ndr)
Mi scusi, ma non mi pare professionale
Ma cosa dice, lei deve fare come il monaco arciere che mira al bersaglio con la benda sugli occhi... cameriere, un cappuccino e una cioccolata calda!

Ovviamente il collega non se l'è sentita di fare come il monaco bendato ed ha scritto una presentazione dello spettacolo inserendo alcune precedenti dichiarazioni di Lavia. Chissà se erano vere.


Sui referendum di Grillo

L’informazione è libera e l’ordine dei giornalisti limita la libertà di informazione. Chiunque deve poter scrivere senza vincoli se non quelli previsti dalla legge.
I giornalisti liberi straccino la tessera, non ne hanno bisogno, il loro unico punto di riferimento è il lettore.
Il 25 aprile si firmerà per un referendum in tre punti per una libera informazione in un libero Stato. Il primo punto sarà l’abrogazione della legge 66/1963, perchè l’accesso alla professione di giornalista e il suo esercizio siano liberi da vincoli burocratici e corporativi di sorta.
dal blog di Beppe Grillo


Grillo dice tante cose giuste e sacrosante che ogni tanto ha diritto di dire anche qualche stronzata. Nella sua battaglia per la libertà d'informazione (ripeto: sacrosanta al 99%) sta inanellando però una serie vorticosa di stronzate, fuori limite. Ma il problema non è lui che parla. E' che tanti lo ascoltano, pendono dalle sue labbra e si bevono tutto. Grillo ora è partito a testa bassa contro l'Ordine dei Giornalisti come emblema della casta: l'albo mussoliniano dei giornalisti. A parte che il buon comico miliardario non ha ancora spiegato in cosa consiste la casta dei giornalisti (il fatto di essere pagati a fine mese? Peccato per lui, succede solo ad alcuni fortunati peraltro senza contratto da due anni, una buona metà sopravvive con compensi da fame), bisognerebbe forse spiegargli (e questo lo dovrebbe fare proprio l'Ordine) che sui giornali, da sempre, possono scrivere tutti: giornalisti iscritti all'Ordine, giornalisti dilettanti, semplici cittadini. E' un principio costituzionale, ma forse Grillo non conosce queste cose. Rispetto ad altre professioni, l'appartenenza all'Ordine dei giornalisti è successiva all'entrata nella professione e non è affatto un limite! Nel senso che prima si viene assunti, poi _ avendo la qualifica professionale di giornalisti _ si entra nell'Ordine. L'appartenenza all'Ordine non dà luogo _ sembrerà incredibile a Grillo _ a nessun privilegio. In realtà per i giornalisti (contrariamente ad altri ordini professionali) non esiste neppure un vero segreto professionale. Il giornalista convocato in aula di Tribunale come testimone deve infatti parlare: altrimenti va dentro! L'espulsione dall'Ordine dei giornalisti _ come dimostrano ampiamente i casi di Farina, Feltri e altri _ non preclude nemmeno la prosecuzione dell'attività giornalistica. Allora a che serve l'Ordine dei giornalisti? A nulla, appunto. E' solo un organo burocratico, parastatale, che ha la sua unica ragione di vita nella riscossione delle quote annuale di tesseramento. I suoi compiti di controllo sul rispetto della deontologia e dell'indipendenza dei giornalisti sono perseguiti con risultati risibili: il grave stato dell'informazione in Italia (e qui in termini generali Grillo ha ragione) è sotto gli occhi di tutti, ma l'Ordine tace. Mentre la categoria (a parte i teledivi e pochi altri) è sotto il tallone di editori che troppo spesso considerano i giornali come mezzi di pressione politico-economica oppure come depliant pubblicitari. Ed è per questo che da decenni, prima che se ne accorgesse Grillo, sono migliaia i giornalisti che chiedono l'abolizione di questo vecchio simulacro dell'indipendenza.

Ma tutto questo c'entra ben poco con la libertà d'informazione. Anzi, a rigor di logica, ci vorrebbe un ordine professionale più forte e incisivo. Ma tutto questo Grillo non lo sa. O fa finta di non saperlo.

Vogliamo i Lagunari di quartiere

Superato finalmente il tabù dell'utilizzo dell'esercito ai fini dell'ordine pubblico (innovazione che ci mette alla pari con società democratiche avanzate come Colombia, Kirghizistan e Papua-Nuova Guinea), si potranno ora aprire importanti opportunità di utilizzo dei nostri baldi militari in svariati ambiti. Già vedo fioccare le proposte di legge da parte di parlamentari di ogni schieramento. In vista della stagione estiva si potrebbe infatti pensare ad operazioni anfibie per combattere l'inquietante fenomeno delle vendite i borse taroccate in spiaggia. Allo stesso tempo, con evidente risparmio di uomini e mezzi, le forze armate vigilerebbero anche sull'incauta balneazione post prandiale da parte dei soliti turisti tedeschi satolli e alticci. La preparazione specifica, l'equipaggiamento tecnologico e le riconosciute capacità mimetiche consentirebbero inoltre ai nostri validi Incursori di essere dislocati nei parchi pubblici, pronti a sventare attentati alla virtù di accondiscenti minorenni da parte di brufolosi e intraprendenti coetanei. Contro il fenomeno degli immigrati satiri che importunano italiane di ogni età e taglia si potrebbe pensare all'utilizzo di ronde notturne di aitanti soldatesse friulane (è lo stesso principio degli agenti provocatori dell'Fbi). E infine, contro le stragi del sabato sera, perché non schierare in forze sulle strade le nostre truppe corazzate? L'evidente gap di velocità negli inseguimenti verrebbe perlomeno equilibrato dalla capacità di resistenza agli urti con i Suv.

Wolmer Casadei (2)

mercoledì 12 marzo 2008, Veltroni a Forlì
Ad ogni tappa del suo tour elettorale col pullman verde, il candidato premier Walter Veltroni si è fatto invitare a pranzo o a cena da una famiglia di 'gente comune', forse per dimostrare che è vicino al popolo, che è alla mano, forse per scroccare un pasto (la campagna elettorale costa...) o forse per imitare i Simpson (vedi video). Solo a Forlì, la settimana scorsa, ha saltato questo appuntamento gastronomico che è diventato un po' il marchio del suo tour. Si è detto che Walter ha digiunato perché in serata doveva parlare a Bologna, andava di corsa, c'era Prodi al telefono che lo aspettava, deve perdere due chili, eccetera eccetera.
No, la realtà è che la cena forlivese di Walter c'è stata. E i soliti giornali di regime (L'Unità, Repubblica, IL Carlino) l'hanno censurata. Ecco com'è andata veramente.

Ore 20. Walter Veltroni con un codazzo di addetti stampa, collaboratori e piddini forlivesi si avvicina al cancello della residenza di Wolmer Casadei, il cittadino selezionato per accoglierlo a cena. Lo ha scelto personalmente l'assessore comunale Gabriele Zelli, estraendo il nominativo dal suo personale database: Casadei è risultato l'unico forlivese presente per sei anni consecutivi a tutte le conferenze sui personaggi storici forlivesi (da E' Gob ad Bartlett al vigile Fischietto d'oro) organizzate dallo stesso Zelli nelle sedi circoscrizionali e nelle parrocchie forlivesi. E' indubitabilmente lui il forlivese medio.
Mentre Walter sta per suonare il campanello della villetta anni '60 di Casadei (un casolare di campagna anni 60 in via Cerchia, riadattato abusivamente e poi sanato, con l'ulteriore aggiunta di sei box esterni per auto, una piscina gonfiabile, un castello-gioco stile Gommolandia e una piazzola barbecue di duecento metri quadri in cemento), lo staff del leader Pd si accorge che manca il rituale dono di un cabaret di pasticceria sopraffina. 'Compagni e/o amici _ dice Walter rivolgendosi ai forlivesi presenti _ pensateci voi per favore. Procuratemi qualch pasticcino ma anche un buon vino'. La scelta cade su Giuliano Pedulli, ex segretario Ds e parlamentare uscente non riconfermato in lista. Pedulli si sacrifica nell'ingrato compito e torna dopo pochi minuti col dono per la famiglia Casadei: un sacchetto di savoiardi da euro 1,25 e un cartoccio di vino rosso da tavola Ronco.
Ore 20.15. Veltroni fa finalmente il suo ingresso trionfale in casa Casadei, accolto dal capofamiglia in abito da cerimonia grigio con cravatta gialla e fazzolettino rosso che spunta dal taschino. La cena è già pronta e il candidato premier, dopo la rituale consegna dei doni, si siede a capotavola. Alla sua destra c'è Samantah, la primogenita ventenne di Wolmer. Alla sua sinistra il capofamiglia, poi la giovane Deborah e il piccolo Widmer, appena cinque anni ma già 75 chili di floridezza romagnola. In cucina sta trafficando Ana Lucia, sposata da Wolmer durante una lontana vacanza da single a Cuba. La donna, completamente naturalizzata gastronomicamente, propone sei primi con tutte le varianti di condimento dei cappelletti, più un intermezzo di piadina e squaquerone, formaggio di fossa guarnito con salame di mora e spalmato di saba, carne d'agnello di svariate dimensioni e frittura mista di paranza. Totale calorie: quattromila salvo complicazioni. Tra una portata e l'altra Veltroni infila qualche battuta, qualche spot elettorale ad uso delle telecamere presenti (confinate in terrazza a fianco della cassetta dei bisognini del gatto di casa: Hulk, un mostro rosso di dodici chili effetto della castrazione artigianale opera di Wainer, il defunto padre di Wolmer) ma è alla fine della cena che c'è spazio per il vero dialogo. Wolmer gioca la sua carta vincente: il nocino fatto in casa (o meglio in cantina, usando kerosene come additivo). Samantha, che sfoggia un top bianco aderentissimo e un regolamentare piecing all'ombelico, si sporge in avanti per mescere il nocino all'illustre ospite. L'occchio di Walter casca sulla scollatura della ragazza: 'Questo sì che è un bell'esempio di integrazione. La difesa dei valori tradizionale ma anche l'apertura al mondo. L'esaltazione della bellezza ma anche l'orgoglio della castità. L'eleganza ma anche la semplicità....' 'Oh Walter, ora basta, bevi!' lo gela Wolmer. Veltroni si riprende e rilancia: 'Ma vi prego, fatemi tutte le domande che volete, dobbiamo conoscerci meglio...' Interviene il piccolo Widmer: 'Tu sei il sindaco romanista? Io tengo per il Cesena, tié'. Walter cerca allora di superare l'imbarazzo rivolgendosi alla padrona di casa e parlando di Cuba: 'La patria di Fidel, della revolucion, il comunismo tropicale ma anche di Buena Vista Social Club, dei sigari, dei poeti gay dissidenti...Lei non ha nostalgia?'. 'Senti bello, lascia stare _ replica Ana Lucia _ Là facevo la fame, mi toccava fare la pr... periodista, fortuna che ho trovato questo pataca'.
Ma infine lo staff scalpita. E il momento dei saluti, della partenza per un'altra tappa del tour. 'Si può fare!' scandisce il candidato premier alzandosi da tavola con le briciole di savoiardo sulla cravatta. E Wolmer: 'Oh Walter, t'am pis propri... ma perché non ti sei candidato con Berlusconi? Così ti votavo anch'io...'.

Wolmer Casadei (1)

Il signor Wolmer Casadei è un affezionato lettore del Carlino da 53 anni. Cioé fin da quando era avvolto nella placenta della madre. Attraverso il liquido amniotico assorbiva la lettura delle ultime novità della cronaca forlivese dei primi anni Cinquanta: polemiche sul piano del traffico, lamentele dei forlivesi per la mancanza di parcheggi, proteste e timori per l'aumento incontrollato di immigrati (siciliani, pugliesi, calabresi, marchigiani e forlimpopolesi).
Il Carlino è il 'suo' giornale. Nel senso che non lo compra, ma quando va al bar lo sequestra per un'ora e gli altri avventori sono costretti a scelte di ripiego: Gazzetta dello Sport, Libero, Il Sole 24 Ore, Wall Street Journal. La lettura del signor Wolmer ondeggia tra la cronaca spicciola (denunce per schiamazzi notturni e tamponamenti a catena) e le pagine delle inserzioni (ora ingentilite dai tratti di evidenziatore giallo su descrizioni tipo ' calda mulatta ottava naturale pronta a ogni perversione, anche bacio in bocca').
Il signor Wolmer è un lettore 2.0. Interagisce coi giornalisti e ribalta il concetto di informazione top-down. Infatti commenta ad alta voce le notizie con le espressioni 'Me deg che ohhh' e 'Ac fata roba'. Poi telefona in redazione chiedendo ulteriori ragguagli perché è consapevole che i redattori hanno generalmente poco spazio e quindi trattengono per loro importanti informazioni. Ma sono sicuramente desiderosi di elargirle ai cittadini curiosi. Il signor Wolmer vuole anche essere aggiornato. Così attorno alle 20.30, quando i redattori cominciano a far su i loro stracci per andare a cena, telefona e chiede: 'Scusate, ma quella luce che si vede vicino al campanile di San Mercuriale è un Ufo o una cometa?'
Il signor Wolmer si fida della qualità dell'informazione garantita dal Carlino. Oddio, la volta che ha letto che un tal incidente stradale si era verificato all'incrocio tra viale dell'Appennino e viale Roma ha avuto qualche dubbio...Poi si è ricordato anche del confronto tra le locandine dei diversi giornali locali: una volta ha letto in una 'Schianto, muore un 29enne', nell'altra 'Tragedia della strada, morto un 28enne', nella terza 'Scontro, la vittima è un 27enne'. 'Questo è il bello del pluralismo dell'informazione' ne ha dedotto.
Nelle scorse settimane il signor Wolmer ha seguito con passione e attenzione (cioé ha letto i titoli e le didascalie delle foto) la polemica sull'allargamento della Ztl e il tira e molla sui parcheggi. Si è rammaricato delle dimissioni dell'assessore verde Sandra Morelli (tra i commenti dei clienti del bar c'è stato molto pluralismo...ma non riguardava l'età) ed ha accolto comunque con favore la promessa del sindaco di sperimentare la gratuità della sosta al sabato nei mesi di dicembre e gennaio.
Sabato scorso il signor Wolmer ha inforcato la sua Grande PUnto amaranto Euro 4 e l'ha piazzata orgogliosamente in corso della Repubblica. Senza pagare la sosta. Quando un vigile gli ha fatto notare che era in multa, lui ha replicato 'Ma c'era scritto sul Carlino che si poteva parcheggiare gratis!'. Il vigile gli ha fatto notare che per parcheggiare gratis ci voleva un'ordinanza del sindaco. Il sindaco aveva promesso ma non ha ancora fatto. Allora il signor Wolmer si è precipitato sotto le finestre della redazione e ci ha mostrato un uso alternativo ed ecologico del nostro prestigioso giornale.